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LA PITTURA A BUSSETO
  NEL CINQUECENTO*

   Nella chiesa francescana di Santa Maria degli      morte del feudatario Giampaolo Meli Lupi, che
Angeli esiste un affresco con Cristo caduto           appunto “teneva in casa un depintore Modo-
sotto la croce e la Veronica (figg. 29,30) che        nese dal quale ha fatto dipingere, in la roccha
venne staccato nel 1913 dalla parete inscritta        molti, et molti luochi, come si può vedere
nel penultimo arcone della navata destra.             ancora di p~nte” (deposizione del notaio Giulio
L’opera, di grandi dimensioni, è alquanto rovi-       Tegoni del 20 agosto 1556). Risulta pertanto di
nata nella parte bassa, manca della zona supe-        poco posteriore l’esecuzione dell’affresco, ora
riore centinata e di una parte lungo il lato sini-    perduto, sulla facciata di una casa sita nella via
stro, ove rimane il particolare inferiore di una      principale di Busseto, al cui fregio corrisponde
figura con calzoni rattoppati in atto di tirare       un disegno nel Kunstmuseum a Düsseldorf.
una corda. Verso la metà del Settecento era
ritenuta della scuola del Pordenone, il Balestra         La presente proposta di collocare il Cristo
l’assegnò poi al cremonese Antonio Campi e il         caduto sotto la croce nel catalogo di Nicolò
Vitali nel 1819 a Giulio Campi, seguito da            dell’Abate, confermando e valorizzando appie-
buona parte degli storici più recenti.                no i rilievi stilistici espressi nel 1975 (pur se
                                                      nella bibliografia successiva il dipinto viene
   Vent’anni fa gli scriventi preferirono il nome     citato ancora come di Antonio Campi), deriva
d’Antonio, collocando l’affresco, per la sua ati-     sia dalla nostra pausa riflessiva resasi necessa-
picità d’impronta emiliana, nel suo periodo gio-      ria per leggere in modo più corretto il ciclo
vanile che procede dalla pala del 1546 in             soragnese e l’impresa bussetana, sia dal recen-
Sant’Ilario a Cremona (in cui per l’appunto vie-      te rinvenimento di un soggetto identico del
ne citata un’idea compositiva del Parmigianino)       Campi, il cui linguaggio fra Giulio e Ber-
e arriva almeno al 1553. Non mancammo tutta-          nardino appare inequivocabilmente diverso. Ci
via di sottolinearvi abbondantemente, oltre allo      riferiamo alla tavola del 1560 circa, in pendant
spunto pordenoniano della composizione, il            con una Resurrezione, nella Galleria Sabauda
“raffinato gusto parmigianinesco fluente ed           di Torino (inv. 989-990), finora ritenuta di “Pit-
araldico”, del tutto consono alla produzione di       tore fiammingo del 1540-1550 circa”.
Nicolò dell’Abate nella vicina Rocca di Soragna.
Ciò grazie specialmente al paesaggio, “tanto             Numerosi particolari dell’affresco in Santa
sottilmente pertinente agli scintillanti e fantasti-  Maria degli Angeli sono un’eco dei lavori sora-
ci prototipi” del modenese, che risultano             gnesi: dalla veste bianca a righe rosse del moro
“egualmente trasognati e resi trasparenti per         a destra all’espressione umanizzata del cavallo
mezzo di freschi tocchi di biacca”.                   soprastante, dalla cadenza dell’aguzzino al cen-
                                                      tro ai volti grotteschi di quelli a sinistra e al
   Ristudiando ultimamente l’attività del del-        paesaggio dalle tipiche striature gialle. Così
l’Abate a Soragna (si veda il numero dell’“Ar-        come a Soragna tornano esattamente la pen-
chivio Storico per le Province Parmensi” in cor-      nellata morbida, la policromìa delicata e fresca
so di stampa) s’è accertata la datazione di que-      e il ritmo compositivo della scena. Si notino
sto ciclo entro il 15 agosto del 1543, data di        pure, come accade nei disegni, i trattini incro-

* Estratto da “PO. Quaderni di cultura padana”, n. 4, Milano, 1995, pp. 10-14, 20, ill.

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