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dei “molti, et molti luochi” decorati da Nicolò         Fontana (...) forse con possibili collaborazioni
dell’Abate il frammento potesse trovarsi; anche         – specie nel paesaggio – di Lavinia stessa”. Da
perchè non è mai stata provata l’esistenza di           ultimo Mazza lo ascrisse direttamente a Lavinia
una cappella inframuraria. A meno che si trat-          Fontana, aggiungendo i due frammenti succitati
tasse di una immagine votiva, o semplicemente           come parti di un quarto elemento110.
protettiva, casomai realizzata nell’androne d’in-
gresso, oppure sotto il portico del cortile.               L’elaborazione di Lavinia, presumibilmente
                                                        giovane, da dell’Abate risulta scoperta partico-
   Negli spezzoni del fregio con Giochi di putti        larmente nell’inedito Paesaggio con caccia al
e amorini che decorava una stanzetta al primo           cervo di collezione privata a Bologna, ove viene
piano del torrione, restano tracce della scansio-       naturalmente attribuito allo stesso Nicolò. Si
ne architettonica che pausava le pareti con             mostra interessante per la contaminazione degli
colonne abbastanza avvicinate, lasciando pre-           episodi mitologici con Giunone in cocchio su
sumere la poca comodità per realizzarvi singole         nuvole, forse alludente al mese ben preciso
scene figurate sul tipo delle Fatiche d’Ercole.         dell’anno, e Venere scortata da Amore e insidia-
Dovrebbe invece esservi stato rappresentato un          ta da satiri; nonché per il rimando al medesimo
paesaggio continuo, come l’artista aveva già            soggetto venatorio illustrato da dell’Abate nella
fatto nel palazzo di Antonio Casotti a Reggio           tela della Galleria Borghese a Roma.
Emilia: si sa che questa costituiva una ulteriore
specialità inventiva nel suo repertorio generico.          Sembra attendibile supporre che durante le
                                                        attività per Meli Lupi e Pallavicino il maestro
   Comunque nel volumetto monografico del               modenese esercitasse anche la specialità del
1976 ci fu anche il modo di negare l’attribuzio-        ritratto nei confronti di qualcuno dei compo-
ne al dell’Abate di due piccole tele frammenta-         nenti le due piccole corti. Peraltro in un parti-
rie in collezione privata con ameni brani di            colare dei fregi affrescati a Soragna si può an-
campagna coltivata, appunto privi di cielo, per         noverare il suo unico capriccio zoomorfo nel
proporle a Lavinia Fontana; secondo l’accordo           dare volto umano a una pantera: trattasi forse
stilistico col San Francesco stigmatizzato in un        di un autoritratto, oppure del ritratto di Giam-
paesaggio del 1579 nella villa del Seminario            paolo I circa trentacinquenne. Inoltre al perio-
Arcivescovile a Bologna108.                             do parmense dell’artista potrebbe appartenere
                                                        il Ritratto di giovane con libro inventariato per
   Fu accantonato per nostre future precisazio-         la prima volta nel 1644 presso la collezione
ni, mai realizzate, il palese collegamento dei di-      Farnese a Roma, ora nel Museo di Capodimon-
pinti col primo di altri tre rappresentanti la          te a Napoli111.
Raccolta della canapa, la Raccolta del grano e
la Vendemmia già in palazzo Bianconcini a Bo-              Al dell’Abate bisogna proprio mantenere il
logna, riprodotto poco chiaramente da Alberto           Ritratto di Francesca dai Libri nella Galleria di
Graziani come Bartolomeo Cesi; pur notando il           Toronto, che Sylvie Béguin di recente ha volu-
contatto marcato con l’arte di Nicolò dell’Aba-         to ingiustamente negargli112. Non mi pare inve-
te109. Successivamente Andrea Emiliani attirò           ce condivisibile l’ultimissima ascrizione di un
l’attenzione sull’interessante trittico di grandi       Ritratto di gentiluomo con guanti e libro in col-
dimensioni, ritenendolo di anonimo bolognese            lezione privata a Vignola, esaminato alla mo-
verso il 1565-1570, e situandolo con Angelo             stra milanese “L’anima e il volto”, da considera-
Mazza nell’“ambito della bottega di Prospero            re verosimilmente come lavoro di un artista

    108 (G. CIRILLO-) G. GODI, op. cit., pp. 88-89.
    109 A. GRAZIANI, Bartolomeo Cesi, in “La Critica d’Arte”, XIX, 1939, parte II, p. 61, tav. 50, f. 15; A. BERSELLI (a cura di),
Storia della Emilia-Romagna, 2, Imola, 1977, tav. XLVIII.
    110 A. EMILIANI, Bologna: gli anni 1560-80 tra descrizione ed evocazione, in La pittura in Emilia e in Romagna. Il Cin-
quecento, Milano, 1995, v. I, pp. 329-332, ff. a pp. 325, 328; A. MAZZA, La galleria dei dipinti antichi della Cassa di
Risparmio di Cesena, cat., Milano, 2001, pp. 132, 134, ill.
    111 S. BÉGUIN, Nicolò dell’Abate, cat. della mostra, Bologna, 1969, p. 77; P. LEONE DE CASTRIS-M. UTILI, La Scuola emiliana:
i dipinti del XVI e XVII secolo, in Museo e Gallerie Nazionali di Capodimonte. La Collezione Farnese. La Scuola emiliana: i
dipinti. I disegni, Napoli, 1994, pp. 73-74, ill.
    112 S. BÉGUIN, Nicolò dell’Abate: favole, forme e pittura, in La pittura in Emilia e in Romagna. Il Cinquecento, Milano,
1996, v. II, p. 168, nota 65.

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