Page 14 - Antonio Canova
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che nel 1787 aveva rivelato a tutti la statura
dell’artista destinato a competere con gli antichi e a
restituire alla scultura italiana il suo primato nel
mondo. Nelle poche intense righe, dettate al fratellastro
Giambattista Sartori, dopo aver giustificato la scelta
iconografica della rappresentazione del papa “in
ginocchioni perché quell S.to Padre era all’estremo
divoto”, ricollegava l’invenzione e la composizione del
monumento, davvero innovative rispetto ai sepolcri di
Bernini presenti nella stessa basilica, alle suggestioni
arcaiche di un’antichità remota, confessando: “Lo stile
poi del tutto mi sono tenuto all’Egizio per potermi
tirare bene dalla porta sicome i Egizi per lo più
formarono i loro gran monumenti con dei gran massi
uno sopra laltro, e cavarono la porta in quelli stessi”.
Come Francesco Milizia a proposito del deposito
funerario di Clemente XIV aveva sottolineato la
“regolarità”, la maestosa “semplicità, che pare la
facilità istessa, ed è l’istessa difficoltà”, o il senso del
“riposo” nel severo rapporto tra le figure e la struttura
architettonica composta da possenti volumi elementari,
anche Canova si ricollegava a questi principi, insieme
etici ed estetici, maturati nel grande dibattito
sull’architettura e la funzione svolto tra Venezia, la
Francia e Roma negli anni eroici del Neoclassicismo. I
due cospicui nuclei di lettere di Giacomo Quarenghi e
di Giannantonio Selva ci rimandano a questo clima di
cui proprio il primo apologeta di Canova Milizia,
l’autore dei Principi di architettura civile, di Dell’arte
di vedere nelle belle arti e del popolare Dizionario, sarà
l’ultimo intransigente interprete.
L’interlocutore di Quarenghi del resto è Selva, le cui
minute rappresentano la parte più cospicua del
materiale qui raccolto. Architetto non proprio fecondo,
il suo nome rimane legato al progetto più celebre,
quello della nitida facciata della Fenice a Venezia, e
alla lunghissima amicizia con Canova, di cui era
pressoché coetaneo essendo nato qualche anno prima,
ma non si sa di preciso quando forse nel 1753, e morto
nel 1819. A fianco del giovane scultore di Possagno nel
magico momento formativo, tra il 1779 e il 1780, del
primo soggiorno a Roma e del viaggio a Napoli, deve
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