Page 19 - Antonio Canova
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più genuini officianti del culto di Canova. Si tratta di
un interesse che riesce a superare le formule consuete
per appassionarsi anche ai versanti più sperimentali ed
eccentrici dell’opera canoviana, come nel caso del
bassorilievo con Ercole che saetta i figli. Il tema
estremo, da lui definito un “soggetto cotanto scabroso”,
gli suggerisce la lettura della tragedia di Euripide e il
confronto tra il linguaggio dell’artista e quello del
poeta. Il suo atteggiamento indipendente e poco
convenzionale nei confronti di Canova, con cui discute
senza reticenze, rende ancora più genuina la scelta,
condivisa con altri a Venezia come Girolamo Zulian o il
procuratore Antonio Cappello, di consacrare il proprio
luogo di lavoro alla gloria dell’amico. “Voi sapete che il
mio studio – gli scrive nel 1805 nell’occasione in cui si
procura la stampa del bassorilievo di Ercole – è famoso
per le vostre opere che l’adornano. In tre facciate di
esso vi è in ognuna un bassorilievo, la quarta ch’è
sfondata (essendovi nello spazio frapposto lo scrittojo)
sono appesi dei disegni scorniciati; oh che bella
situazione per questo bassorilievo! Avrebbe il lume
radente di fianco e da poterlo vedere in una
conveniente distanza. Io non vi ho nascosto il mio
desiderio e di questo piuttosto che di accusar me di
sfrontatezza, imputatelo alla bellezza delle vostre opere
che fa tacere la modestia di chi vi pregia; per quanto
n’è capace di conoscerne e gustarne il vero merito”.
Sempre enstusiasta, ma confidenziale nei toni, appare
ogni volta in prima linea nelle più importanti occasioni
canoviane con cui Venezia cerca di legare a sé il grande
figlio perduto: l’arrivo del Busto dell’imperatore
Francesco I destinato alla Biblioteca Marciana (ma
presto trasferito a Vienna), per cui lo stesso Selva (che
ne aveva scritto all’amico congratulandosi perché
“perfettamente somigliante. Gli avete infusa l’anima e
la testa è girata con tal imponente dolce maestà che
spira rispetto e confidenza; è il Giove Egioco. Bello il
collo, e belle le orecchie e gran belle pieghe, scelta
verità senza affettazione”) aveva disegnato una
elegantissima base; il conio da parte di Zulian di una
medaglia dedicata alla “vostra divina Psiche”; l’attesa
sosta dello scultore a Venezia dopo la trionfale trasferta
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