Page 15 - Antonio Canova
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avergli trasmesso quelle istanze di un approccio
razionale all’antico e all’erudizione maturate alla
scuola del rigore funzionale – esteso dall’architettura
alle altre arti- predicato a Venezia dall’abate Carlo
Lodoli e divulgato negli ambienti cosmopoliti delle
corti europee da Francesco Algarotti. Nelle lettere di
Quarenghi a Selva circola il nome del fratello Bonomo,
insieme a quello dell’architetto Tommaso Temanza, che
applicò le idee lodoliane. A lui, che fu maestro dello
stesso Selva, vengono chiesti nel 1777 lumi
sull’ideazione frullata in testa a Quarenghi di “un
Teatro per rappresentar Tragedie Antiche secondo i
Precetti di Vitruvio, non però servilmente”,
dichiarando di essersi regolato su di essi “dove mi
parve che la raggion lo volesse”, ma di aver tratto più
slancio dalle testimonianze letterarie.

 “Mi sono servito più – confessava – delle Tragedie di
Sofocle ed Euripide, che de Precetti del suddetto”.
Subito dopo affiora la rispettosa autonomia nei
confronti pure di Palladio, di cui aveva appena
acquistato il primo tomo delle Opere “stampato a
Vicenza”: “…non l’ho ancora bene esaminato, ma per
quelle poche pagine ch’ho trascorse mi pare opera di
merito, ma non però grande, e si potrebbe desiderare
qualche cosa di più”. La lettera del 19 gennaio 1780 è
particolarmente significativa perché raggiunge l’amico
veneziano a Roma dove, protetto dall’ambasciatore
veneto Girolamo Zulian, è alloggiato nel Palazzo di
Venezia proprio nel momento in cui vi si trovava anche
Canova, pure lui sotto l’ala premurosa di Zulian.
Sembrano condividere le stesse perplessità
sull’ambiente romano: “Sig. Tonino caro ho piacere che
lei per prova abbia sperimentati l’artisti di Roma e la
Malignità di questi Architetti che non hanno altro di
Architetti che il nome usurpato”.
Se la citazione dell’incisore Giovanni Volpato ci
rimanda ad un altro sodale di Canova, la premura che
Selva contatti per lui il consigliere Johann Friedrich
Reiffenstein, agente della corte russa a Roma,
preannuncia il luminoso destino a Pietroburgo
dell’architetto bergamasco. Di lì arrivano infatti le
molte pagine datate tra il 29 luglio e l’8 agosto del

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