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con ciò, che Francesco fosse stato aiutato nella stesura del dipinto.
Che la storiografia artistica, fin dal Vasari, tendesse a oscurare le
figure e il ruolo degli zii per puntare i riflettori sul solo precocis-
simo Francesco, al fine di sottolinearne le straordinarie qualità, è
del tutto comprensibile, ma non dimentichiamo che la condivisione
del lavoro era pratica comune nelle botteghe di allora e tanto più in
quella mazzoliana, come abbiamo potuto verificare riguardo all’at-
tività dei due fratelli.
Tornando all’effigie di Francesco Torelli, credo siano palesi le
relazioni con l’atelier dei Mazzola e soprattutto il suo collocarsi a
monte della successiva produzione del Parmigianino e del Bedoli.
Basti considerare la veste gialla a ricami rossi, che ritroviamo, dav-
vero simile, nella figura di Santa Caterina tratteggiata sulla sinistra
della pala di Bardi (1521) (figg. 9-10), di poco posteriore al nostro
ritratto. La predilezione per questi preziosi tessuti, che, per i caldi
riflessi e i sottili rabeschi, permettevano al pittore di esibire la sua
straordinaria capacità tecnica, riappare anche nella Santa Cecilia
in Santa Maria della Steccata (ante 1524) (fig. 11), nella Conver-
sione di San Paolo del Kunsthistorisches Museum di Vienna (1527
ca.) (fig. 12), nella pala di Santa Margherita presso la Pinacoteca
Nazionale di Bologna (ante 1530) (fig. 13) e nel Ritratto di Pier Ma-
ria Rossi conte di San Secondo al Museo del Prado (1535-40). Tale
motivo decorativo venne riproposto in diverse occasioni anche dal
cugino di Francesco, Girolamo Bedoli, ma con particolare evidenza
nell’Adorazione di Magi della Galleria di Parma. Qualche ricordo
dell’impaginazione, con la poltrona di traverso e il protagonista gi-
rato verso lo spettatore, riaffiora infine nell’effigie di Galeazzo San-
vitale del Parmigianino (1524), oggi a Capodimonte, dove ritrovia-
mo anche le armi accatastate sulla sinistra.
La nitidezza descrittiva e la stesura insistita ci inducono ad asse-
gnare il Ritratto di Francesco Torelli alla mano di Pier Ilario Maz-
zola, di cui non conosciamo però opere così moderne e aggiornate,
se non quelle eseguite in collaborazione con il nipote. Ci si deve chie-
dere quindi se si debba accreditare a lui solo l’intera realizzazione
della tela o se invece si possano trovare all’interno della bottega altri
possibili esecutori. Ricordiamo che tra la fine del 1517 e la prima
metà del 1518, quando con ogni probabilità il Torelli si fece ritrarre,
l’officina familiare poteva contare su Pier Ilario, Michele e forse sul
fratello maggiore di Francesco, Zaccaria, il quale nel febbraio del
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