Page 117 - Antonio Canova
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     GIACOMO QUARENGHI1 A GIANNANTONIO

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Sig. Ant.o amico Car.mo

Sono varj ordinarj che l’incomodai acciò pregasse il
Sig. Conte Bonomo3 delle note commendatizie, delle
quali egli con ecesso di bontà subito mi ha favorito e
onorato, ma siccome cercai queste onde mi si
facilitasse un affare che ho al presente, ed è ma per
l’amor del Cielo che stia in lei e nel solo S. Conte, ch’il
mio Servitore, mentre io era fuori casa tentò all’onore
ed alla vita di mia Moglie,4 ma per Miracolo
dell’Altissimo Iddio ne restò illesa e libera, onde V.S.
ben vede quanto geloso e con quanta cautela è bisogno
ch’io mi adoperi per far castigar il delinquente e per
tener occulto un attentato tale, e però per ultimare
questa cosa mi sarebbe assai giovevole un’altra per il
Sig. Abbate Bonajuti il quale attesi i rapporti ch’ha in
questa Dominante mi potrebbe esser utile, non solo in
questa m’ancora in altre occasioni, essendo io tanto
alieno d’impicciarmi con questa Preteria, ch’ormai
dobbiamo sperare sia per finire il suo Regno. Sicché
instantemente la prego a voler dare quest’altro
incomodo al Sig. Conte Algarotti, ed a pregarlo in mio
nome di non attribuire ciò a mia petulanza ed
indiscretezza ma bensì ad un tal circostanza, ed alla
stima che verso la sua Persona mi pregio professare.
Altro incomodo gl’impongo ed è di riverire caramente il
Sig.Temanza,5 e fargli avere questa inclusa carta,
copiatami dal Sig. Abbate Serassi,6 che forse potrà
esser utile alla [?] al sudetto S. Temanza per la sua
Vita del Danese Cataneo, e gli dica in oltre che jeri m’è
riuscito di penetrare nello scavo fatto nelle rovine del
Palatino, tenendosi dal Padrone del luogo in gran
gelosia l’ingresso, ma ho scavalcato certi muri e sono
andato, con pericolo pur della vita se mai fossi caduto,
non ho trovato niente di quanto desidera il Sig.
Tommaso sudetto, ho bensì ammirato l’ingresso
Magnifico dal Palazzo Imperiale al Circo e Teatro, che
è una cosa degna di quel tempo felice. Ho trafugato

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