Page 36 - Antonio Canova
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2. Il colonnello John Campbell (1755-1821), nominato nel
1796 primo barone Cawdor, nel 1787 commissionò a Canova,
durante il soggiorno dell’artista a Napoli per “sollevarsi dalle
sofferte fatiche” del Monumento a Clemente XIV (Biografia
manoscritta, Bassano, Biblioteca Civica, Manoscritti Canoviani,
6022), la statua di un Amorino, ritenuta dal famoso
collezionista inglese Charles Townley l’opera più bella e più
pura creata dai tempi della Grecia antica, ed il gruppo di
Amore e Psiche che si abbracciano, forse la creazione più
celebre, con le Grazie, dell’artista possagnese. Il marmo, già
pagato, era atteso in Inghilterra per la primavera del 1794, ma
Canova lo trattenne presso il suo studio. Qui nel 1800 fu
acquistato dall’olandese Enrico Hoppe e subito ceduto per
2000 zecchini a Gioacchino Murat, che nel 1801 lo fece
trasportare nel suo castello di Villiers-la-Garenne, in occasione
dei festeggiamenti in onore del Primo Console, che ne rimase
affascinato. Nel 1809 Napoleone lo fece trasferire al castello di
Compiègne da dove passò definitivamente al Louvre
trasformato in Musée Napoléon. Già nel 1800 Canova iniziò a
lavorare a una nuova versione del gruppo, da riproporre al
Colonnello per ricompensarlo della mancata consegna, ma lord
Cawdor cedette il fascinoso marmo a Joséphine Beauharnais,
che lo collocò nella sua residenza extraurbana della Malmaison,
presso Parigi. Nel 1815, appena scomparsa Joséphine (morta il
29 maggio 1814, quando stava per compiere cinquantun anni),
lo zar Alessandro I acquistò dalla galleria della Malmaison per
l’Ermitage trentotto quadri e quattro sculture in marmo di
Canova (di cui la prima imperatrice era stata probabilmente la
maggiore collezionista), fra cui anche l’ Amore e Psiche stanti.
3. Non appena Canova si riteneva soddisfatto delle forme
create in creta (materiale che preferiva allo stucco nella
realizzazione dei modelli), ne faceva fare un calco in gesso, che
veniva segnato con alcuni punti e collocato vicino al blocco di
marmo da cui sarebbe stata ricavata la statua. Calco di gesso e
blocco di marmo venivano quindi posti sotto un “tellaio” o una
squadra a cui venivano appesi dei fili a piombo. La distanza tra
i fili e i punti veniva calcolata grazie ad un enorme compasso
che consentiva agli assistenti di abbozzare i blocchi sulla base
delle misure del modello (cfr. F. Carradori, Istruzione
elementare per gli studiosi della scultura, Firenze, 1802,
ripubblicato da G. C. Scolla, Treviso, 1979).
4. Thomas Jenkins (1722-1798), pittore inglese e mercante
d’arte, figura di spicco a Roma durante l’ultimo decennio del
XVIII secolo.
5. La statua del Perseo trionfante era stata richiesta già nel
1800 dal pittore Giuseppe Bossi, segretario dell’Accademia
milanese, in associazione con altri concittadini, ma una volta
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