Page 47 - Antonio Canova
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1822, quando venne esposto con grande successo nello studio
canoviano.
6. Fra gli altri incarichi (supervisione degli assistenti assunti
per la sbozzatura, negoziazioni per l’acquisto dei marmi e tutte
le altre pratiche finanziarie connesse all’amministrazione)
Antonio D’Este aveva quello di scegliere direttamente nelle
cave di Carrara i marmi destinati allo scalpello di Canova,
tanto che, durante i ripetuti soggiorni “elevò la pianta
topografica di quelle miniere: descrisse l’uso del marmo lunense
fatto dagli antichi popoli d’Italia; rilevò i classici monumenti in
quel marmo lavorati, e sviluppò tutto ciò che le di lui artistiche
cognizioni poteano suggerire, dirigendo le sue memorie al
Canova, ad Ennio Quirino Visconti, e ad altri distinti soggetti”
(A. D’Este, Memorie di Antonio Canova, a cura di Al. D’Este,
Firenze, Le Monnier, 1864, p. 43).
7. Carlo Finelli (Carrara, 1785-Roma, 1853), figlio dello
scultore Vitale, dopo l’apprendistato col padre, frequentò
l’Accademia di Belle Arti di Firenze, ottenendo un premio nel
1803; quello stesso anno eseguì in terracotta una copia dell’Ebe
di Canova che inviò al padre a Carrara. Nel 1805, ottenuto
l’alunnato romano per la Scultura indetto per concorso
dall’Accademia di Brera, si stabilì a Roma, dove iniziò a
frequentare l’Accademia di San Luca e lo studio di Canova,
dove operava anche il fratello Pietro (1770-1812). Nel 1812 fu
impiegato per le decorazioni del palazzo del Quirinale e, nel
biennio 1814-1815, da Canova per scolpire busti per il
Pantheon (cfr. G. Sica, in Dizionario Biografico degli Italiani,
Roma, Ist. della Enciclopedia Italiana, XLVIII 1997, pp. 30-32;
per ulteriori dati sullo scultore in relazione all’ambiente
artistico ferrarese si veda: L. Scardino-A. P. Torresi, Post
mortem. Disegni, decorazioni e sculture per la Certosa
ottocentesca di Ferrara, Ferrara, 1998).

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   ANTONIO CANOVA A DESTINATARIO IGNOTO

Eccellenza

Dimando perdono se talvolta la importuno con qualche
mio scritto; ma consapevole, a prova, della di Lei
somma bontà verso di me, rendomi ardito di ripetere le
occasioni di darle noja, e di chiederle un nuovo
testimonio della sua indulgenza e cortesia.

 Il Sig. D.r GBatta [Giobatta] D’Este mi prega di fare

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