Page 50 - Antonio Canova
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*Autografo: mezzo foglio, una facciata.
Nel recto, in calce, l’indicazione di altra mano:

          Autografo del celeb.e Scultore Antonio Canova
          mandatomi dal Ch. Ab. Melchior Missirini con

                    sua lettera del 3. Aprile 1828.
                              M Valdrighi

A tergo: al Chiarissimo/ Sig.r Abate Melchior Missirini. Tracce
di sigillo in carta.

1. Melchior (o Melchiorre) Missirini (Forlì, 1773-Firenze,
1849), educato a Forlì, a dodici anni vestì l’abito talare. Dopo
l’invasione francese del 1797 manifestò opinioni repubblicane,
nel 1798 si pentì pubblicamente e nel 1801 fu nominato
bibliotecario dal vescovo di Forlì. Dopo Marengo scrisse un
omaggio poetico a Napoleone e quando gli austriaci occuparono
Forlì nel 1813, ritenne prudente partire per Roma, dove si legò
di amicizia con Canova e Giambattista Sartori. Prima della fine
del 1814 si recò a Firenze e qui cominciò a comporre poesie
sulle opere dello scultore (cfr. M. Missirini, Sui marmi di
Antonio Canova, Venezia, Picotti, 1817) e rime per le “donne
gentili” della città, inclusa Minette Armendariz, alla quale
Canova era stato sentimentalmente legato nel 1812, prima che
lei si sposasse e partisse con il marito per la Spagna. Invitato
con lettera del 9 gennaio 1816 (Forlì, Biblioteca Comunale,
Fondo Piancastelli, CR 294.172) da Giambattista Sartori, con
il consenso di Canova, a unirsi a loro, si stabilì a Roma, dove
svolse la duplice mansione di segretario e di lettore di testi
classici mentre lo scultore lavorava. Fu segretario
dell’Accademia di San Luca, di cui compose le Memorie (Roma,
1823). Nel 1828 abbandonò l’Urbe per trasferirsi nuovamente
a Firenze, della cui Accademia di Belle Arti era socio fin dal
1803. Dopo la morte di Canova scrisse Della vita di Antonio
Canova. Libri quattro, Prato, Fratelli Giochetti, 1824 (seconda
ed., Milano 1825) e Il tempio eretto in Possagno da Canova,
Venezia, G. Antonelli, 1833.
2. La lettera potrebbe datarsi all’estate del 1819, quando
Canova si recò a Possagno per la posa della prima pietra del
grandioso tempio circolare con pronao, come il Pantheon di
Roma, che aveva preso la risoluzione di far erigere a sue spese,
ed ebbe calorose accoglienze a Treviso e a Padova, o più
verosimilmente (dato l’accenno al proprio stato di salute),
all’agosto del 1820, quando lo scultore rientrò dal Veneto dove
si era nuovamente recato per seguire la costruzione del tempio.

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