Page 51 - Antonio Canova
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          GIAMBATTISTA SARTORI CANOVA1

             A FILIPPO AURELIO DIGIORNI2

Signor Filippo Chiarissimo

Se a Lei non dispiace, io bramerei di vederla un giorno
o l’altro presso di me, per comunicarle un previsto
lavoro lapidario, del quale sono incaricato da persona
amica. Ella scelga qual giorno più le piace, e le
comoda, e quando ha l’occasione di passare da queste
parti. Perdoni il fastidio che le reco, affidato alla sua
gentile benevolenza; e mi creda sempre tutto

                                             Suo affezionatissino
                                                  amico e servitore

                                              abate G.B. Canova

Casa 19 Xbre 1817

*Autografo: un foglio int., una facciata.
A tergo: All’Egregio Signore/ Filippo Aurelio Digiorni. Tracce
di sigillo in carta.

1. Giambattista Sartori Canova (Crespano, 1775-Possagno,
1858) era fratello uterino dello scultore. Figlio di Angela Zardo
che, rimasta vedova di Pietro Canova nel 1761, sposò l’anno
seguente Francesco Sartori di Crespano, era di diciassette anni
più giovane di Antonio. Avendo ricevuto un’educazione presso
il seminario di Padova, di cui fu brillante allievo, sviluppò un
serio interesse per la letteratura classica e l’antichità, in
particolar modo per la numismatica, di cui fu erudito
collezionista; imparò a leggere l’inglese, il francese e un po’ di
tedesco. Venticinquenne, Giambattista raggiunse Canova a
Roma nel 1801, divenendone inseparabile compagno e
segretario, di giorno in giorno più indispensabile al buon
funzionamento dello studio ed in particolare al disbrigo della
corrispondenza (cui era delegato insieme con Antonio d’Este),
necessaria per intrattenere i rapporti con i famigliari
(Possagno), gli amici (Bassano), l’ambiente veneziano e
l’enorme numero di persone (intellettuali, artisti, ecclesiastici,
l’ampio entourage della nobiltà italiana ed europea) con cui
l’artista veniva a contatto. In qualità di prete, diceva messa
ogni giorno in casa, in una cappella privata, ed era
generalmente conosciuto come “l’abate”. Nel 1802, quindi nel
1810 e nel 1815 accompagnò lo scultore a Parigi. Nel 1826
papa Leone XII, in riconoscimento delle sue opere di pietà e di

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