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notaio Giulio Tegoni il 20 agosto del 1556 nel- conservati in Archivio di Stato a Parma, si de-
l’ambito del processo per la proprietà del feudo. duce infatti che durante i tre anni in oggetto
Riferendosi al defunto marchese Giampaolo, non era attivo lui in paese ma il suo collega
egli affermò infatti: “... oltre di questo, io so che Baldassarre Galeotti (che rogò fra il 1526 e il
teneva in casa un depintore Modonese dal qua- ’58), probabile estensore dei patti, oggi irrin-
le ha fatto dipingere, in la roccha molti, et molti tracciabili, tra Nicolò dell’Abate e Giampaolo
luochi, come si può vedere ancora di ~pnte”. Meli Lupi; mentre Cristoforo Aimi gli si affiancò
dal 1544 (rogando sino al ’72) e il giovane Te-
La critica successiva ha ricordato la presenza goni iniziò l’attività in loco appunto dal 1545
di Nicolò a Soragna10 senza però mostrare, ci (rogando sino all’‘85).
sembra, molto entusiasmo, forse perché non
ancora a conoscenza della sopracitata conferma Ora non sappiamo che genere di rapporti
documentaria. Può essere emblematico il caso esistessero allora fra il Meli Lupi e i Boiardo,
della Bergamini, la quale si limitò a menzionare feudatari di Scandiano e precedenti committen-
le nostre “conclusioni che, per le residue deco- ti di Nicolò. Una falsa pista ci sembra costituita
razioni della rocca di Soragna, è troppo com- dalla figura di Galeazzo (o Galeotto) Lupi, zio
plesso approfondire in questa sede” 11. Ma forse di Silvia Sanvitale che fu la moglie di Giulio
può apparire più intenzionale il silenzio assolu- Boiardo. Galeazzo aveva sposato nel 1496 una
to adottato da una specialista dell’artista mode- sorella del padre di Silvia e morì nel 1511,
nese come Sylvie Béguin. senz’essere mai stato, come crede il Prampoli-
ni12, marchese di Soragna. Altrettanto ignota re-
Durante il processo del 1556 il notaio Tego- sta la vicenda parallela del dell’Abate, nono-
ni dichiarò fra le altre cose che fu dunque stante i recenti ritrovamenti documentari di
Giampaolo Meli Lupi ad ospitare esclusivamen- Orianna Baracchi13. Si sa che era presente a
te il nostro “depintore Modonese”. Ciò avvenne Scandiano il 13 febbraio del 1540, quando sot-
ad evidenza dopo il 1540, quando cessarono le toscrisse un rogito per affittare la casa possedu-
cause legali relative al passaggio ereditario del ta a Modena. Il seguente 28 febbraio risolvette
feudo, ed entro il 15 agosto del 1543, quand’e- di venderla adottando una inconsueta clausola
gli, come abbiamo visto, morì andando o tor- di riscatto, forse perché era in procinto di parti-
nando da Scandiano. re per Soragna? Conosciamo inoltre che l’artista
era a Modena il 14 febbraio del 1543 per firma-
Il Tegoni affermò, contrariamente ad alcuni re l’atto d’alienazione definitiva dell’immobile:
altri testimoni, d’essere solo a conoscenza degli forse perché il Meli Lupi gli aveva assicurato
eventi e non d’avervi assistito di persona. Dagli
atti notarili stesi a Soragna nel periodo, ora
9 G. CIRILLO-G. GODI, op. cit., 1984, pp. 8, 120, ff. a p. 118. Si veda anche B. COLOMBI, Soragna. Feudo e Comune,
Parma, 1986, vol. 1, pp. 256, 277, nota 16, p. 338, ff. a pp. 290-291.
10 A.W.A. BOSCHLOO, Il fregio dipinto a Bologna da Nicolò dell’Abate ai Carracci (1550-1580), Bologna, 1984, pp. 16-17;
D. DE GRAZIA, op. cit., pp. 256, 257, nota 5; M. PIRONDINI, op. cit., pp. 43, 135, 139; L. FORNARI SCHIANCHI, Correggio, Parmi-
gianino e la decorazione parmense del ’500: appunti e considerazioni, in Lelio Orsi e la cultura del suo tempo. Atti del con-
vegno internazionale di studi, Reggio Emilia - Novellara, 28-29 gennaio 1988, ediz. Bologna, 1990, p. 20. Per dovere di cro-
naca va ricordato anche il caso strano di E. QUARANTA, primitiva autrice di una guida alla Rocca di Soragna (e d’articoli d’ar-
gomento esoterico) che è stata aggiornata, pure per quanto riguarda Nicolò dell’Abate, da B. COLOMBI e G. GODI dalla setti-
ma edizione (cfr. la nota 7) sino alla decima (La Rocca di Soragna. Itinerario e cenni storici, Parma, 1989, pp. 9, 16, 32, 34,
35, 57, f. a p. 33). Ora l’autrice, in Giardini misterici. Simboli, Enigmi, dall’Antichità al Novecento, Parma, 1994, pp. 111-
131, con ff. (sulla dubbia qualità complessiva del lavoro si veda peraltro la divertita recensione di C. CARENA, I giardini
segreti del simbolo, in “Il Sole 24 ore”, 3 luglio 1994, p. 25), intenderebbe rispolverare per gli affreschi del dell’Abate i nomi
del Parmigianino e di Giulio Campi senz’avanzare argomenti scientifici consistenti, ignorando la bibliografia posteriore alla
nostra proposta attributiva e le recenti monografie sul Mazzola che non si occupano minimamente delle opere soragnesi.
L’autrice infine s’inventa addirittura la cronologia dei fatti critici: “Venne però recentemente alla luce nell’Archivio della
Rocca un documento nel quale il notaio Giulio Tegoni affermava – nel 1556 – che il Marchese teneva in casa sua un
“depintore Modenese dal quale ha fatto dipingere in la rocha molti e molti luochi”. Immediatamente furono cambiate le at-
tribuzioni dell’“Amore” e dei “Putti e Genietti” del fregio” (sic!).
11 W. BERGAMINI, op. cit., p. 274.
12 G. PRAMPOLINI, op. cit., p. 101.
13 O. BARACCHI, Ricerche di storia artistica reggiana, in “Bollettino Storico Reggiano”, n. 79 (numero speciale), 1993, pp.
13-16.
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