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rie d’Ercole” strappate da vecchia data, il re-           te, e non l’occultamento totale che fu operato
stante delle incorniciature architettoniche, un           in seguito tramite scialbatura.
ulteriore spezzone di fregio e un altro, pur se
piccolo, brano d’affresco originario.                        Prima di aprire nuove porte, nel 1904 ven-
                                                          nero saggiate le pareti e rimessa in vista quasi
   Riguardo al “camerone” d’Ercole, si sa che             tutta la decorazione superstite, come ci ricorda-
nel 1695 la duchessa Dorotea Sofia di Neoburg             va di persona il principe Bonifazio Meli Lupi
ammirò particolarmente, durante una visita alla           scomparso da poco. Indi Francesco Steffanoni
Rocca, l’inconsueto fregio a soggetto animali-            strappò dai muri le pellicole cromatiche del
stico, e che nel 1712 il locale era tappezzato di         frammento con “Iolao” e delle quattro scene
raso; mentre nel 1816 il marchese Casimiro                integre, dopo che in loro corrispondenza era
Meli Lupi annotò che le pitture “erano assai              stato scavato il pavimento finendo nell’imposta
ben conservate e rappresentano le forze d’Er-             della volta sottostante, senza però che si potes-
cole... L’innalzamento del volto e la necessità di        se recuperare la zoccolatura a finta architettura
formare più comodi alloggi le ha fatte sparire”.          ormai distrutta irrimediabilmente. Infine Anto-
Con più precisione egli rese pure conto che il            nio Lazzarin procedette nel giugno del 1960 al
17 settembre “nella Rocca i muratori stanno               distacco di colore e intonaco delle parti rimaste
lavorando nel lato di mezzogiorno dirimpetto              sui muri, ossia dei fregi, delle due colonne sot-
alla scuderia, dove una sol stanza teneva tutta           tostanti e del frammento appartenente alla sce-
la larghezza tra il torrione a sud ovest ed il            na con “Ercole e il leone”, forse dimenticato
ponte della porta” d’ingresso18; ma non sappia-           sotto allo scialbo durante i lavori del 1904.
mo se Casimiro alludesse a questa d’Ercole o a
quella dei Cingari a pianterreno.                            Nel 1990 s’è constatato così che il ciclo co-
                                                          minciava con la scena dell’“Ercole fanciullo
   Fattostà che allora lo stanzone terreno, che           mentre strozza i serpenti” (fig. 15) nella zona
di certo era ancora soffittato a travi, venne sud-        terminale a destra della parete lunga verso l’e-
diviso in tre locali e voltato in muratura; com-          sterno, cioé quella rivolta a sud; mentre invece
portando per il soprastante salone d’Ercole l’al-         nel libro del 1976 avevamo proposto di ubicar-
zata del pavimento e delle finestre situate nella         la nel mezzo delle finestre. L’ampliamento e lo
parete di facciata. Il pavimento così fu pareg-           spostamento verso l’alto delle tre aperture av-
giato con quello della concomitante loggia bi-            venuti nel 1816 comportò presumibilmente la
bienesca di fine Seicento, mentre volte in mu-            perdita, oltre che di quasi tutto il fregio, degli
ratura più alte sostituirono il soffitto ligneo ori-      affreschi nelle due spallette mediane. In quella
ginario nei due locali che vi vennero ricavati.           di sinistra stava sicuramente la dodicesima e ul-
                                                          tima delle storie eraclee, forse quella rappre-
   In tal modo possiamo presumere che l’ac-               sentante la “Morte d’Ercole sul rogo”; mentre
cesso al salone d’Ercole fosse posto in origine           quella di destra fu risolta con ogni probabilità
nella parete corta confinante col torrione d’in-          dall’artista tramite un paesaggio. Alla descialba-
gresso alla Rocca, e che pertanto in precedenza           tura del 1904 sfuggì, proprio sopra la scena ini-
non si notasse il dislivello esistente fra il gran-       ziale del ciclo, lo spezzone di fregio con “Leo-
de locale cinquecentesco e la loggia tardosei-            ne acefalo e scimmietta vestita da giullare” (fig.
centesca. Peraltro le impronte degli affreschi            4) che è riemerso solamente durante i lavori
ritrovate in loco nel 1990 rendono conto perfet-          del 1990 assieme all’aspetto originario dell’in-
tamente delle decurtazioni subite nel 1816 dalla          corniciatura dipinta (fig. 14). La casacca bianca
decorazione. Si nutre speranza che ne soprav-             e rossa del quadrumane appare come un moti-
vivano altre parti nella stanza piccola a fianco          votipico del dell’Abate, mentre la sua posa
del torrione d’ingresso, i cui intonaci restano           scattante rammenta particolari dei noti affreschi
ancora da sondare capillarmente. Poiché Casi-             eneidiani già in un camerino della Rocca a
miro Meli Lupi si espresse al presente per i              Scandiano e specialmente la figura che fugge a
soggetti eraclei, può sembrare che ne intendes-           destra nell’affresco strappato con “Ruggero che
se soltanto la sparizione parziale, appunto a             fugge dal castello di Alcina” presso la Pinacote-
causa del nuovo pavimento e della nuova pare-

18 B. COLOMBI, op. cit., 1986, vol. 1, p. 274.

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