Page 153 - Antonio Canova
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1. Architetto, Giuseppe Rossi è figura non di primissimo piano
dell’ambiente veneziano, riferibile alla cerchia di disegnatori
dell’entourage del Selva (di cui ebbe a delineare molte delle
tavole dei progetti), probabilmente utilizzati dall’architetto –
come il più noto Francesco Lazzari, che per l’architettura del
bergamasco manifestò una speciale e precoce attenzione – per
copiare i progetti quarenghiani a scopo didattico.
2. Canova era giunto a Roma alla fine di novembre del 1779,
poco più di un mese dopo la partenza di Quarenghi alla volta di
Pietroburgo, e (a meno di ipotizzare un precedente incontro a
Venezia, di cui peraltro non esiste traccia) la conoscenza tra i
due artisti potè essere solo indiretta, per il tramite dei comuni
amici della cerchia gravitante intorno ad Abbondio Rezzonico
senatore di Roma, e per scambio epistolare (che si scala tra il
1795 e il 1814). Fu comunque un rapporto tutt’altro che
formale, “solido, sincero e basato su reciproca stima”,
alimentato in più occasioni dallo scambio di disegni (cfr. P.
Angelini, in Giacomo Quarenghi. Architetture e Vedute, Milano,
Electa, 1994, catalogo della mostra (Bergamo, Palazzo della
Ragione, 14 maggio-17 luglio 1994), p. 257 scheda 14).
3. Quarenghi era solito spedire ai suoi corrispondenti sia vedute
che progetti d’architettura, vuoi per tenere aggiornati gli amici
(i bergamaschi Paolina Grismondi e Giuseppe Beltramelli), i
conoscenti ed i colleghi (lo scultore Giuseppe Franchi,
l’architetto Giannantonio Selva) dei suoi progressi nell’attività
di progettista, vuoi per mantenersi inserito nel dibattito
architettonico del tempo “ritagliandosi uno spazio meno
periferico rispetto a quello nel quale la posizione geografica
costringeva le sue creazioni” (P. Angelini, I disegni di Giacomo
Quarenghi nelle Civiche Raccolte d’arte del Castello Sforzesco
di Milano, in Giacomo Quarenghi…, cit., p. 15).

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GIACOMO QUARENGHI A GIANNANTONIO SELVA1

Sig.r Tonino preg.mo amico

È meglio tardi che mai, dice l’antico proverbio, ma
lasciare un amico qual io mi pregio d’esserle per il corso
di tre anni ben passati senza darle alcun segno né di
vita né di morte, se Lei sente vera amicizia puol ben
farsi un’idea se questo pesa, ma lasciamo tutto da parte
e comincierò con ringraziarla della sua laconissima
lettera dei 17 Luglio passato, e con felicitarla di tutto

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