Page 206 - Antonio Canova

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pubb.a (3.)

A. C.

Giovedì sera viddi Valentino che dal Corriere appena
arrivato avea rilevato lo sfortunato accidente a voi
successo. Ne fui inquieto per mancanza di dettaglio di
circostanze, e jeri mattina mandai ad attendere che si
aprisse la posta per far ricerca di vostre lettere, e non
fu deluso il mio desiderio col riceverne. La scorsi con
l’occhio e lessi prima di tutto il P.S. che mi [f] conferma
la trista nuova ma che mi assicura di esser ivi restato
illeso, ed essere scappato dall’imminente pericolo. Mi
figuro il vostro dolore, e son certo che al primo
momento vi sarà più rincresciuto la distruzione di una
vostra bella produzione, qual era il Palamede1 da quel
che ho sentito decantare, di quel che la perdita dei
cinquemille scudi, che pur in questi tempi, ed a voi che
non siete ricco contano molto. Rasegniamoci alla
disgrazia e ringraziamo la Divina Provvidenza e
l’angelo vostro tutelare di avervi preservato, ed essa
sarà quella che vi compenserà con una continuità di
robusta salute onde sempre più accrescer colle vostre
opere la gloria dell’Italia e della Patria.

Il resto della vostra lettera mi fece un gran piacere, e
cercherò nell’Ode di Pindaro le pompe funebri che si
facevano al sepolcro degli otto figli di Ercole per sempre
più confermarmi nell’opinione che tutto quello che voi
fatte è documentato dalla ragione e dalle descrizioni
de’ più classici Autori. Riceverò volentieri le nuove
prove del bassorilievo e ne presenterò una
immantinente al nostro Cesarotti,2 che fino ad ora non
l’ha che veduta poiché le altre tre le avevo già disposte.

Il Busto del Sovrano3 è in Libreria chiuso nella cassa
sicché non l’ho ancor veduto. Si attende la commissione
di esporlo perché credo che ciò si voglia fare con
[quella] qualche formalità. Il dover attender molto per
aver l’incisione di quella opera fa che ne dimetta il
pensiere più che la spesa dei Scudi ottanta che ben
meritarebbe ad opera laudata.

Termino [col] per ora col ripetermi.

Venezia li 4. Maggio 1805.

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