Page 207 - Antonio Canova
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1. La statua del Palamede, re di Eubea, era stata realizzata in
marmo nel 1803-1804 per il conte Giovanni Battista
Sommariva (1760-1826), rinomato finanziere lodigiano che
aveva iniziato la sua carriera come oscuro avvocato di provincia
e che durante l’occupazione francese, dopo una carriera rapida
e una condotta amministrativa alquanto disinvolta, era riuscito
a realizzare un’ingente fortuna economica. Grande mecenate,
quando le sue fortune politiche iniziarono a declinare con la
proclamazione della Repubblica Italiana di cui fu nominato
vicepresidente Francesco Melzi d’Eril duca di Lodi, da sempre
suo avversario, preferì trasferirsi a Parigi, dove nel 1806
cominciò a raccogliere una straordinaria collezione di opere
moderne, con l’intento di arredare sia il magnifico palazzo
parigino in rue Basse des Remparts, sia villa Carlotta a
Tremezzo sul Lago di Como. Esposta nello studio canoviano nel
1805, la statua era crollata a terra per un cedimento del bilico a
seguito dell’inondazione del Tevere, nel febbraio di quell’anno,
che aveva danneggiato seriamente lo studio dell’artista. Nel
crollo la statua aveva subito danni notevoli, e per poco non ne
era rimasto ferito lo scultore stesso. In un primo tempo il
Sommariva chiese una nuova statua, poi la riduzione di parte
dei cinquemila scudi già pagati, ma l’artista gli rispose
laconicamente “Canova non ribassa i prezzi, farà un’altra
statua”, già preconizzando che il committente avrebbe dovuto
attendere parecchi anni. Nel frattempo il Palamede veniva
richiesto da un polacco che desiderava venisse inciso alla base
“La creatura voleva uccidere il creatore” e aveva commissionato
al Camuccini un dipinto che illustrasse l’avvenimento
memorabile. Sommariva finì allora per accettare la statua
danneggiata, che Canova si impegnò a restaurare.
2. Melchiorre Cesarotti (Padova, 1730-Selvazzano, Padova,
1808), personalità non grande e tuttavia centrale nello sviluppo
delle lettere italiane fra Sette e Ottocento, cui va il merito di
aver tracciato, soprattutto con gli scritti teorici (sia estetici che
linguistici), e con le traduzioni, alcune importanti direttrici del
gusto preromantico nell’alveo di un’educazione
fondamentalmente illuminista, un gusto che nel primo scorcio
dell’Ottocento godrà di immediata e larga fortuna.
3. Si tratta del Busto dell’allora Francesco II imperatore del
Sacro Romano Impero (declassato a Francesco I d’Austria dopo
la pace di Presburgo del 1806), commissionato dalla corte
asburgica a Canova il 13 maggio 1802 per il tramite dell’abate
Jacopo Morelli, direttore della Marciana, terminato alla fine di
febbraio 1805 e giunto a Venezia il 15 aprile, per essere
collocato all’interno della Biblioteca su un’alta base a sezione
triangolare disegnata appunto da Giannantonio Selva.
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